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La sindrome da iperstimolazione ovarica (acronimo inglese OHSS) è una patologia iatrogena ovvero provocata da farmaci come le gonadotropine (FSH, LH) necessarie per indurre la crescita follicolare multipla nei trattamenti di fecondazione assistita (FIVET-ICSI) o l’HCH che ha lo scopo di indurre la maturazione finale dei follicoli. Proprio quest’ultimo gioca un ruolo fondamentale per lo sviluppo della sindrome (raramente si instaura senza la sua somministrazione) e per il suo mantenimento. Infatti, in caso di gravidanza la HCH prodotta dalla placenta aggrava e prolunga la durata della patologia. L’OHSS ha un’incidenza di circa il 4% ma in alcune categorie di pazienti il rischio può essere molto più elevato. Il meccanismo che scatena la sindrome non è ancora ben chiaro. Sembra che i corpi lutei dei follicoli stimolino la produzione del VEGF (vascular endotelial growth factor), di interleuchine, endotelina ed altre sostanze che aumentano la permeabilità dei capillari con conseguente passaggio di liquidi in cavità addominale e concentrazione nel sangue di globuli rossi, bianchi, piastrine e linfociti. Ne conseguono disturbi e complicanze da moderate a gravi. La forma lieve di iperstimolazione è caratterizzata da aumento dei livelli ormonali di estradiolo oltre 3000 pg/ml e ovaie con formazioni cistiche multiple. La forma moderata si manifesta con nausea, diarrea e rigonfiamento dell’addome per aumento delle dimensioni delle ovaie e lieve versamento di liquido. La forma grave si divide in 3 gradi: nel 1° grado si presentano lievi dolori addominali per cospicuo aumento del volume ovarico e di liquido in addome (ascite), vomito, riduzione delle quantità giornaliera di urine, ipotensione e piccoli disturbi respiratori. Il 2° grado si presenta come un peggioramento dei sintomi del 1° grado al quale si associano alterazioni dei parametri del sangue quali un aumento della concentrazione dei globuli rossi (ematocrito) (>45%), dei globuli bianchi (>15.000/mm3), della creatinina (>1.2mg/dl), delle transaminasi e del potassio (>5 mEq/l) e una riduzione del sodio (< 135 mEq/l) e delle proteine in particolare dell’albumina. Nel 3° grado si verificano ulteriori complicanze quali tromboembolia polmonare, insufficienza renale acuta, aritmie cardiache, edema polmonare, torsione ovarica, emorragia da rottura dell’ovaio. La prevenzione per evitare il rischio di iperstimolazione ovarica consiste nell’identificazione delle pazienti a rischio. Pazienti giovani, magre (BMI <20), con ovaio policistico, rapporto dei livelli di FSH e LH sbilanciato a favore di quest’ultimo, pregresso rischio o riscontro di iperstimolo, esame genetico dell’FSH recettore che evidenzia una forte reattività al farmaco devono essere sottoposte a terapie con minima dose ormonale di gonadotropine e a frequenti monitoraggi ecografici ed ormonali. Durante la terapia può essere utile la sospensione dei farmaci per qualche giorno (coasting) o definitiva se il quadro ecografico evidenzia oltre 30 follicoli con livelli di estradiolo >3500 pg/ml. Efficace, in pazienti stimolate con protocollo antagonista, il rinvio della somministrazione dell’HCG o la sua sostituzione con farmaci analoghi agonisti del GnRH. Questi stimolano la secrezione dell’LH prodotto dall’ipofisi con una durata d’azione molto più breve rispetto all’HCG che ha pertanto un rischio maggiore di aumento della permeabilità vascolare. Farmaci come la bromocriptina e la carbegolina, usati abitualmente per ridurre i livelli di prolattina, somministrati prima dell’HCG per una decina di giorni, agiscono come inibitori del VEGF riducendo efficacemente il rischio dell’OHSS. Prevenzione finale dell’iperstimolo consiste nella crioconservazione degli embrioni con rinvio del transfer al mese successivo. Infatti, se si instaura una gravidanza subito dopo la stimolazione per la crescita follicolare multipla, aumentano notevolmente i livelli di HCG con incremento della permeabilità vascolare e conseguente peggioramento e prolungamento della sindrome. La terapia dell’OHSS varia in base al grado della patologia. Nella forma lieve, moderata o grave di 1° grado è sufficiente una terapia domiciliare che contrasti i sintomi, l’emoconcentrazione e la perdita di proteine basata su riposo assoluto, integratori con sali minerali (come le bevande usate dagli sportivi), dieta iperproteica ed eventuali farmaci antidolorifici e/o antivomito. Le forme gravi di 2° e 3° grado necessitano invece di ricovero ospedaliero. Occorre un attento monitoraggio della paziente con rilevazione dei parametri vitali ogni 4 ore, controllo quotidiano del peso, esame ecografico transvaginale, radiografia del torace ed elettrocardiogramma. Bisogna inoltre effettuare esami ematochimici quali emocromo, elettroliti, proteinemia, creatininemia e transaminasi. La terapia si basa sull’infusione endovenosa di soluzione fisiologica o glucosata al 5% (almeno 1500 ml/die) somministrata lentamente in modo da contrastare la tendenza all’aumento della viscosità del sangue e ripristinare il volume urinario. Nelle pazienti con ridotti livelli ematici di proteine occorre associare infusione endovenosa di Albumina 20% (50-200 ml/die) che ha il compito di trattenere i liquidi in circolo sostenendo la diuresi. I diuretici sono di norma sconsigliati in quanto potrebbero aumentare il rischio di tromboembolia. La furosemide (Lasix) può essere utilizzata solo dopo aver ripristinato la giusta concentrazione dei parametri del sangue qualora persista una riduzione della quantità di urine. L’eparina può essere somministrata per prevenire le complicanze tromboemboliche correlate all‘emoconcentrazione. L’eventuale aspirazione di liquido dall’addome (paracentesi) è consigliata solamente nel caso di una marcata e dolorosa tensione addominale. Occorre eseguire un’aspirazione lenta evitando di superare 4 litri in quanto il liquido aspirato richiama altro liquido in addome instaurando un circolo vizioso (emoconcentrazione, riduzione delle proteine e della diuresi, ecc.) La toracentesi (aspirazione di liquido dal torace) è indicata solo se insorgono rilevanti problemi respiratori. La laparoscopia si rende necessaria in caso di addome acuto per rottura o torsione di cisti ovariche. Occorre cercare di eseguire un trattamento conservativo, procedendo all’asportazione dell’ovaio solo nei casi più estremi.