La letteratura scientifica e gli studi medici più recenti sfatano quello che per molto tempo è stato un errato pregiudizio: non ci sono controindicazioni ad una gravidanza per le donne affette da Sclerosi Multipla (SM). E, anche dovessero sovrapporsi problemi di infertilità, i protocolli offerti dalla procreazione assistita rappresentano una valida soluzione, sia per le donne, sia per gli uomini che voglio diventare genitori. «È questo il punto da cui partire se si vuole affrontare il tema di una maternità o paternità in pazienti affetti da SM», afferma Cesare Taccani, ginecologo e specialista del centro di procreazione assistita ProCrea di Lugano (Svizzera). «Le donne affette da sclerosi multipla sono nelle stesse condizioni di mettere al mondo un figlio sano delle donne non malate. E una o più gravidanze non incidono negativamente sulla malattia, anzi, secondo quanto ha rilevato PRIMS – il primo grande studio prospettico finalizzato a valutare la possibile influenza della gravidanza e del parto sul decorso clinico della SM – nel periodo di gravidanza si attenuano le ricadute della malattia. Per quanto riguarda gli uomini, il problema può essere rappresentato da una disfunzione sessuale indotta dalla SM o da problemi di infertilità determinati, in alcuni casi, dai farmaci usati. In ogni caso, queste situazioni possono essere facilmente superate con tecniche sicure».
Sessualità e SM
La SM colpisce prevalentemente donne giovani e in età fertile provocando delle disfunzioni sessuali che hanno indotto a ipotizzare difficile, se non addirittura impossibile andare incontro ad una gravidanza. «Innanzitutto è importante affrontare il tema della sessualità con la paziente», raccomanda Taccani. «Non sempre però questo rientra nella routine clinica e ciò porta ad una non corretta valutazione della salute riproduttiva. Sappiamo che la malattia infatti può modificare la funzionalità sessuale provocando diversi effetti: l’equilibrio ormonale, la circolazione sanguigna, la funzionalità del sistema nervoso, ma anche lo stato emotivo possono provocare disturbi sessuali. È necessario parlarne con uno specialista per poter affrontare il problema nel modo più corretto possibile». Tra le disfunzioni sessuali, rientrano anche quelle considerate “secondarie” come la fatica, la debolezza, la mancanza di coordinazione e persino il dolore. «Si può arrivare fino ad un quadro dove l’approccio alla sessualità viene compromesso sotto il profilo psicologico. Ed è un passaggio negativo per chi cerca di arrivare ad una gravidanza».
Nell’uomo gli effetti della malattia possono dare adito a disfunzioni erettili, disturbi nell’eiaculazione per arrivare ad un calo di desiderio determinato, anche in questo caso, da fattori psicologici. «Siamo di fronte a situazioni di carattere fisico o psichico che però non comportano effetti sulla qualità del seme. Quindi non viene intaccata la capacità riproduttiva», sottolinea il ginecologo di ProCrea. «Anche davanti ad una disfunzione erettile, problema che alcune ricerche pongono tra i più rilevanti soprattutto tra i giovani, esistono delle soluzioni sia farmacologiche, sia meccaniche che possono sopperire. L’importante è ricordare che non viene meno la capacità riproduttiva: ovvero, anche se affetto da SM, un uomo non perde la propria capacità riproduttiva».
La fertilità
Spesso alle disfunzioni sessuali si abbinano problematiche che vanno ad intaccare direttamente i livelli di fertilità, sia nella donna sia nell’uomo. I dati epidemiologici in nostro possesso ci indicano infatti che la fecondità spontanea è sensibilmente ridotta nelle persone affette da SM. Uno studio pubblicato su Neurogical Science e condotto dal dipartimento di Neuroscienze dell’università di Torino è arrivato ad indicare che alcuni trattamenti medici utilizzati nella cura della SM (come ad esempio il mitoxandrone e la ciclofosfamide) possono esercitare effetti dannosi sugli spermatozoi e sugli ovociti, compromettendo anche fin da giovani la fertilità. «Esistono delle tecniche che permettono di preservare la fertilità e sono tecniche che prevedono la crioconservazione di liquido seminale e di ovociti», spiega Taccani. «La crioconservazione degli ovociti offre alle donne la possibilità di avere a disposizione una riserva ovocitaria conservando un certo numero di ovociti che possono essere utilizzati in un secondo tempo per iniziare una procedura di fecondazione assistita. Sono garantiti alti livelli di sopravvivenza e di fecondazione. Lo stesso può essere detto per quanto riguarda il seme maschile».
La procreazione medico-assistita
«Accertato che la gravidanza non viene ostacolata dalla malattia e, al contempo, non rappresenta un elemento che porta la SM ad aggravarsi, la procreazione medico-assistita rappresenta una strada per coronare il sogno di diventare genitori», dice il medico. Le tecniche, ormai affermate, sono tradizionalmente divise in “primo”, “secondo” e “terzo” livello: quello che le distingue è la loro complessità. «L’inseminazione intrauterina, chiamata convenzionalmente IUI, è quella tra le più semplici e prevede l’introduzione del liquido seminale all’interno della cavità uterina. Più utilizzata è invece la FIVET, fertilizzazione in vitro ed embryo transfer: consiste in una stimolazione ormonale per indurre la crescita multipla dei follicoli seguita dal prelievo degli ovociti (tecnicamente il pick-up) con un intervento per via trans vaginale. Quindi la loro fertilizzazione in vitro con gli spermatozoi del partner e il successivo trasferimento degli embrioni in utero. Gli eventuali pre-embrioni (zigoti o ovociti fecondati) in sovrannumero vengono crioconservati e rimangono a disposizione della coppia per eventuali successivi trasferimenti embrionali. Una delle fasi più delicate è la stimolazione. ProCrea ha un approccio “mild”, ovvero una metodologia di intervento che prevede per la donna un dosaggio ormonale più controllato, permettendo comunque di recuperare gli ovociti necessari. Questa procedura, oltre ad essere estremamente personalizzata, rende il trattamento più sostenibile dal punto di vista psicologico».
Nel caso di problemi di infertilità maschile, determinati da una scarsa produzione di spermatozoi, da disfunzioni erettili o mancanza di eiaculazione – situazioni tra le più diffuse tra gli affetti da SM – la procreazione assistita prevede una serie di possibilità per poter ottenere e utilizzare il liquido seminale. «L’ICSI, ovvero l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo, è una tecnica relativamente recente. È stata messa a punto nella prima metà degli anni Novanta in risposta a gravi problemi di infertilità maschile: si procede infatti con l’iniezione di un singolo spermatozoo all’interno dell’ovocita, utilizzando un microago e con l’ausilio di un sofisticato microscopio. Vi si ricorre in caso di spiccata riduzione della concentrazione, della motilità o della forma degli spermatozoi oppure per la presenza di autoanticorpi antispermatozoi che tendono ad agglutinarli tra loro. Le fasi di intervento rispecchiano quelle della FIVET». Il problema maggiore, però, potrebbe essere quello di recuperare liquido seminale maschile. La medicina utilizza delle tecniche come il recupero di spermatozoi dall’urina (in casi di eiaculazioni retrograde), l’aspirazione microchirurgica dall’epididimo MESA oppure la TESE cioè l’estrazione testicolare degli spermatozoi. «ProCrea ha un laboratorio di andrologia dove vengono utilizzate le più innovative tecniche di estrazione del seme. Il massaggio prostatico, oppure nei casi più gravi, l’utilizzo dell’ettroeiaculazione rettale. Anche in casi di grandi problemi neurologici è possibile procedere all’estrazione del liquido seminale; l’importante è che il seme non sia danneggiato e conservi le proprie potenzialità riproduttive». Molto dipende anche dalla struttura di riferimento. Assodato che la SM non compromette le possibilità di diventare genitori, l’assistenza al paziente affetto da SM che affronta un percorso di procreazione assistita diviene fondamentale per una buona riuscita. «È bene ricordare che la fecondazione intrauterina così come la fecondazione in vitro non diano risultati positivi, quindi gravidanze, nel 100 per cento dei casi», continua Taccani. «Sotto questo profilo, non ci sono sostanziali differenze tra un malato di SM e una persona sana: i fattori principali da cui dipende l’avvio di una gravidanza sono essenzialmente l’età della donna e lo stile di vita seguito. L’orologio biologico femminile incide in modo determinante sull’esito positivo dei trattamenti: basta considerare che nelle pazienti di 30 anni il tasso di gravidanza è del 36 per cento, mentre solamente sei anni più tardi la percentuale di successo si abbassa al di sotto del 20 per scendere ulteriormente al 6-7 quando si superano i 40 anni». Un percorso di procreazione assistita necessita di un’assoluta cura del paziente. «Dato che non siamo tutti uguali e le problematiche dipendo da fattori sempre diversi, è fondamentale trovare una terapia su misura. Un percorso procreativo che viene determinato dal medico sulla base della storia del paziente e dell’esito degli esami richiesti. Sotto questo profilo, la genetica ci fornisce diversi strumenti che possono aiutare a indirizzare le cure sulla strada più indicata. Il laboratorio di genetica molecolare del centro ProCrea supporta l’azione del medico, integrandola e indirizzandola». Inoltre la struttura è attrezzata ad accogliere anche pazienti con disabilità neurologiche essendo dotata di sette camere di degenza, oltre a due sale operatorie. «La nostra esperienza è stata maturata a livello internazionale: siamo il più grande Centro di procreazione assistita della Svizzera e il punto di riferimento per le coppie italiane in Canton Ticino che si rivolgono all’estero alla ricerca di un figlio. Se le tecniche di procreazione assistita sono consolidate, la differenza arriva dalla ricerca, dagli strumenti di analisi a disposizione e dallo staff medico e scientifico, oltre dalla possibilità di avere un accompagnamento psicoterapeutico lungo tutto il percorso».
La gravidanza
Assodato che non ci sono controindicazioni mediche ad una gravidanza per una persona affetta da SM, il periodo di gestazione assicura anche un calo della recidiva della malattia. «Sempre andando a vedere lo studio PRIMS, è stata registrata una riduzione del tasso di ricadute durante la gravidanza, in particolar modo nel terzo trimestre. Le ricadute sono comparse nell’80 per cento delle pazienti, nei primi tre mesi dopo il parto. Questo però sembra essere un momento particolare che non incide sull’avanzamento complessivo della malattia. Nel suo complesso infatti, la gravidanza non influenza la progressione della malattia», spiega Taccani. Inoltre, «la paziente con SM non è soggetta a maggiori complicanze durante la gestazione rispetto ad una donna sana. E non ci sono elementi per associare la malattia alla salute del bambino. Dibattuti sono gli esiti degli studi condotti sull’allattamento, anche se prevale l’orientamento che non comporti rischio di ricadute della malattia. Così come l’epidurale al momento del parto». Il bambino può ereditare la sclerosi multipla? «Domanda doverosa», risponde il medico. «Oggi nulla fa pensare che la SM sia ereditabile nel senso classico del termine. La predisposizione alla malattia è più frequente in alcune famiglie, ma non tutti quelli che sono predisposti si ammalano. I parenti prossimi di una persona che ne è affetta corrono un rischio di ammalarsi pari a circa l’uno per cento in più rispetto alla media».
Nel complesso quindi la SM non influenza sotto il profilo fisico le possibilità di avere un figlio. Possono esistere dei problemi legati alla sessualità e all’infertilità. Il desiderio di diventare genitori, quando la gravidanza non arriva, può essere affrontato seguendo un percorso di procreazione medico assistita. E, anche in questo caso, la malattia non comporta situazioni problematiche maggiori. La scelta della struttura a cui rivolgersi è fondamentale per l’approccio diagnostico, clinico e psicologico.