Una causa riconosciuta di infertilità è la produzione di embrioni con un assetto cromosomico aneuploide, cioè con anomalie a livello del numero dei cromosomi. Questo fenomeno si riscontra principalmente nelle donne in età riproduttiva avanzata (≥ 36 anni). La maggior parte delle aneuploidie riscontrate nell’embrione sono di origine materna durante le due divisioni meiotiche dell’ovocita durante la sua maturazione. Nelle coppie che si sottopongono ad un programma di procreazione medico-assistita (PMA), oggi è possibile controllare gli embrioni prima del trasferimento nell’utero, diminuendo il rischio di trasferire un embrione aneuploide. I vantaggi sono, oltre all’aumento del tasso di gravidanza, la diminuzione degli aborti spontanei e delle anomalie cromosomiche evidenziate durante l’analisi prenatale. L’analisi delle aneuploidie può essere effettuata sui globuli polari dell’ovocita o sulle cellule del trofoectoderma della blastocisti cioè dell’embrione al quinto giorno di sviluppo. Ognuna di queste analisi presenta dei vantaggi e la scelta sul tipo di biopsia da effettuare dipende dalle problematiche specifiche della coppia. I globuli polari sono prodotti durante la maturazione dell’ovocita e contengono l’assetto cromosomico complementare all’ovocita. I globuli polari non hanno nessuna funzione e non sono futuri costituenti dell’embrione ma rappresentano un cosiddetto “prodotto derivato” che può essere asportato per l’analisi genetica. In questo modo l’embrione non viene toccato o danneggiato. Consente di analizzare il materiale genetico proveniente esclusivamente dal ramo materno. Le cellule del trofectoderma sono quelle che compongono lo strato esterno della blastocisti. A questo stadio l’embrione è composto da qualche centinaia di cellule. Il trofectoderma formerà la placenta, mentre l’embrione verrà formato dalla massa interna. La biopsia di alcune cellule per l’analisi genetica viene fatta sul trofectoderma. In questo modo la massa interna che formerà l’embrione non viene toccata. Consente di analizzare il materiale genetico proveniente da entrambi i partners della coppia. La diagnosi genetica preimpianto (PGD) permette di escludere la presenza di una malattia genetica grave, di cui è noto che uno o entrambi i genitori sono portatori e trasferire nel corpo della mamma solo gli embrioni che non sono affetti dalla malattia. La tecnica molecolare è molto sofisticata e necessita un tempo di preparazione per permettere l’ottimizzazione dell’analisi adattata alla mutazione genetica specifica del paziente. I globuli polari dell’ovocita o le cellule del trofectoderma della blastocisti vengono recuperati praticando un piccolo foro con un raggio laser e aspirando le cellule dalle quali si procede ad un’analisi molto accurata del materiale genetico con un procedimento che consente di ridurre al minimo il rischio di errori diagnostici e quindi di trasferire nell’utero solo gli embrioni sani. Il vantaggio dell’analisi dei globuli polari è che possono essere recuperati molto presto dopo la fecondazione (il primo poche ore dopo la ICSI – iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo- e il secondo circa 12 ore dopo). Questo consente di avere molto tempo per analizzarli e poter effettuare un transfer dell’embrione dal terzo al quinto giorno. Lo svantaggio di questa tecnica è costituito dal fatto che si possono analizzare solo malattie provenienti dal ramo materno e quindi non è indicata se portatore della malattia è il padre. L’analisi genetica delle cellule del trofoectoderma della blastocisti ha come vantaggio di poter analizzare più cellule e di contenere entrambi i genomi e quindi analizzare malattie genetiche provenienti sia dalla madre che dal padre. Lo svantaggio di questa tecnica è quello di dover aspettare lo sviluppo della blastocisti al quinto giorno di coltura e quindi, prima di ottenere l’esito, gli embrioni devono essere congelati ed eventualmente trasferiti in un ciclo successivo. Tramite la PGD possono essere individuate numerose malattie tra le quali traslocazioni robertsoniane, traslocazioni famigliari reciproche, atrofia muscolare spinale, malattia di Gaucher, sindrome dell’X fragile, difetto della colabamina C, fibrosi cistica, distrofia muscolare di Duchenne, sinpolidattilia, atrofia ottica, acromatopsia, ritardo mentale X-linked, feocromocitoma-paraganglioma ereditario, neurofibromatosi, malattia di Kennedy, ecc. La probabilità di successo dipende in buona parte dall’età materna e varia tra il 35% e il 65% di gravidanze portate a termine con una media di circa il 50%. Lo screening genetico pre-impianto (PGS) permette di analizzare tutti i cromosomi selezionando gli ovociti o gli embrioni con un patrimonio genetico corretto mediante una tecnica molto innovativa denominata Next Generation Sequencing (NGS). E’ indicato in pazienti con età uguale o superiore ai 36 anni in quanto il numero di ovociti aneuploidi, ovvero con anomalie cromosomiche numeriche, aumenta in modo esponenziale superando in età avanzata l’80%. E’ consigliato anche per quelle coppie che hanno fallito tre o più cicli FIVET o ICSI (per mancata gravidanza o aborti ripetuti) una volta escluse altre cause quali l’autoimmunità, la trombofilia, l’endometriosi, malformazioni dell’apparato genitale femminile, ecc. oppure anche in coppie giovani portatrici di una traslocazione cromosomica bilanciata che vanno incontro spesso all’incapacità di generare una gravidanza e/o ad aborti spontanei ricorrenti. La PGS dei globuli polari consente di analizzare il materiale genetico dell’ovocita ed è quindi indicato nei casi di malattie autosomiche dominanti di origine materna, malattie legate al cromosoma X di cui la donna è portatrice sana, malattie recessive di cui entrambi i genitori sono portatori sani, anomalie strutturali a livello dei cromosomi materni. Non è invece possibile valutare le malattie dominanti di origine paterna. La PGS delle cellule del trofoectoderma della blastocisti consente di analizzare il materiale genetico proveniente da entrambi i genitori ed è quindi indicato per le stesse patologie anche di origine paterna, per malattie autosomiche dominanti di origine materna e paterna (es. la Neurofibromatosi), malattie legate al cromosoma X di cui la mamma è portatrice (es. la Distrofia muscolare di Duchenne o l’Emofilia), malattie recessive con entrambi i genitori portatori sani (es. la Talassemia o la Fibrosi cistica) e infine anomalie strutturali a livello dei cromosomi. La PGS non può assicurare il successo ma contribuisce ad aumentarne le probabilità come per esempio nelle donne sopra i 40 anni dove la percentuale di gravidanza per transfer passa dal 17% a oltre il 40%.
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